Prin di Formicolandia
Matteo Luzzi
A Formicolandia esiste una sola regola: ‘Tutti per uno e uno per tutti’. Si proprio come il motto dei quattro moschettieri, solo che a Formicolandia, invece di essere in quattro, siamo migliaia.
Le rivalità e gli antagonismi esistono anche qui sia chiaro; ma quando si tratta della colonia, il nostro legame è forte e solido come la roccia.
A questo proposito vi voglio narrare la mia storia. Il mio nome è Pringles, ‘ha ha ha’ direte voi, ‘ti chiami come le patatine!’. Ebbene si e ne vado fiero, erano il cibo preferito di mia madre, quando ne trovava anche solo un pezzettino per terra, faceva una festa che non vi dico. E qui le feste non è che abbiano solo un paio di invitati, si parla di un numero ben maggiore per capirsi, del tipo… tutta la colonia. Ma qui si divide tutto, la proprietà privata è roba per voi umani.
Tornando alla mia storia, vi devo dire che come formica sono sempre stato un po’, diciamo strano; ecco, ho sempre sognato di contraddistinguermi dalla massa, di mettermi in mostra. Così un giorno, sebbene fossi stato assegnato allo stoccaggio nel magazzino (lavoro assolutamente onorevole e essenziale, ma siamo onesti non dà grandi possibilità di farsi notare), me la sono data a gambe e sono uscito dalla colonia in cerca di fortuna, a imitazione delle formiche esploratrici tutte muscoli e testosterone, che sono venerate come eroi da tutte le femmine e invidiate da tutti i maschi. Volevo il mio momento di gloria.
In verità dopo qualche metropiede me la facevo già addosso dalla paura.
Mentre decidevo se rinunciare o meno alla mia epica impresa, sul davanzale di una finestra nella casa che avevo di fronte, un malefico tentatore della vostra specie ha piazzato una torta. La vedevo ancora fumare, calda e fragrante, burrosa e con la glassa, in un mare di squisita e dolcissima panna. Devo essere rimasto lì a guardarla in adorazione per qualche minuto buono, perché quando mi sono ripreso, la bava che mi colava dalla bocca aveva formato una piccola pozza per terra. Oramai avevo deciso. Se avessi portato quella torta a Formicolandia, la colonia mi avrebbe acclamato come l’eroe supremo, il superformico, il superformicosupremo. Ah ah ah, mi vedevo già applaudito dalle folle, avvinghiato a mille signorine adoranti, mentre sbeffeggiavo gli esploratori palestrati.
L’unico inceppo nel mio piano era come portarlo a compimento.
Poi ho visto la puzzolente palla di pelo. Biggy così lo chiama la sua padrona. Se ne stava accucciato proprio sotto la finestra dove stava la mia torta, con la lingua in fuori che toccava le mattonelle del marciapiede e un’alitosi peggiore della più terribile delle puzzette.
Il caro Alitomefiticobiggy sarebbe servito alla mia causa. Mi arrampicai su per il muro fino al davanzale. Dove stoicamente mi trattenei dal lanciarmi a bocca spalancata sulla torta. Sarebbe stata una cosa egoistica, io dovevo pensare al bene di tutti, alla colonia, ero un eroe, il superformicosupremo. Ok, è vero, mi riempii lo stomaco finché quasi non mi muovevo più dal troppo peso, ma insomma anche i super eroi hanno bisogno di mangiare, non stiamo a guardare ste inezie.
Dopo un paio di sonori rutti ero pronto a compiere il mio destino. Mi sporsi dal davanzale e cercando di imitare la voce della sua padrona dissi: «Biggy, Biggy vieni qui bello, ti va una carezza».
E qui già sento le vostre proteste, ok, ok, sono solo una formica, ma i cani hanno un buon udito e ci sentono quando gridiamo. Siete dei cani voi? No, siete solo umani e allora che ne volete sapere, vi tocca stare alla mia parola. Questa è la mia storia, quando racconterete voi la vostra, farete le vostre regole. E dunque io vi dico che Biggy mi sentì benissimo.
«Salta su Biggy», continuai. E Biggy saltò su. Da bravo cagnetto ubbidiente si alzò su due zampe, andando a posare quelle davanti proprio sul vassoio della torta che sporgeva dal davanzale. Avreste dovuto vedere che lancio signori e signore. La torta partì in aria come un razzo, descrivendo un arco perfetto. Ah, gongolavo di soddisfazione. Neanche ne avessi calcolato la traiettoria alla perfezione, la torta fini esattamente sulla colonia. Doveva essere un po’ più pesante di quello che avevo immaginato, perché la parte esterna al terreno di Formicolandia fu completamente distrutta dall’atterraggio della torta. Calcolai in fretta i danni. Niente di così drammatico: qualche perdita tra le operaie, un paio di zone residenziali rase al suolo. Ma vogliamo mettere avere in casa una mega torta?
Pensavo ancora di poter fare passare l’operazione come un successo. Poi la padrona di Biggy uscì urlando dalla porta di casa. Dopo aver preso a male parole il cane, prese in mano l’arnese terrore di tutte le formiche, il tubo dell’acqua. Mi misi a gridare, un: «NOOOOOOOOOO», che mi sembrò andare al rallentatore. Inutile, il potente getto dell’acqua si portò via tutta Formicolandia, e mi duole dirlo, pure tutta la torta. Quando le pozze d’acqua si furono asciugate, tornai quatto, quatto verso i ruderi della colonia. I superstiti stavano già salvando il salvabile pronti a trasferirsi per fondare una nuova Formicolandia. Mi mischiai alla folla cercando di non dare nell’occhio.
Vi state domandando se la distruzione di Formicolandia uno fosse stata colpa mia e se mi sentissi in colpa? Ma certo che no. Fu il risultato di una concatenazione di sfortunati eventi, assolutamente non imputabili al sottoscritto. Fu solo sfortuna.
Al momento a Formicolandia due sono di nuovo addetto allo stoccaggio nel magazzino, chissà perché insistono a darmi sto lavoro, io che dal destino sono investito a compiere grandi imprese; ma un giorno avrò il mio momento di gloria e allora vedrete.